Premessa
L’articolo 140 del CCNL degli Studi Professionali, nel contesto del rinnovo contrattuale sottoscritto nel 2024, prevede l’erogazione di un importo una tantum pari a euro 400, ripartito in due tranche annuali, a titolo di compensazione per il periodo di vacanza contrattuale intercorso tra il 1° aprile 2018 e il 31 marzo 2024.
La norma contrattuale dispone che tale importo può essere corrisposto, in alternativa, attraverso strumenti di welfare aziendale previsti dalla normativa vigente.
Ci siamo chiesti se sia consentita, dopo la corretta interpretazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate nell’interpello 195/2025, l’applicazione del regime di esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente di cui all’articolo 51, comma 2, lettere a), dbis), f), fbis), fter), e comma 3, ultimo periodo, del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), in casi simili a quelli previsti dal CCNL degli studi professionali, in sede di rinnovo contrattuale.
Natura dell’una tantum: funzione compensativa e qualificazione non retributiva
A nostro avviso, è corretto affermare che l’una tantum sia volta a compensare la mancata applicazione degli incrementi retributivi durante il lungo periodo di vacanza contrattuale.
Tuttavia, appare altrettanto corretto distinguere tra:
– La funzione dell’erogazione (compensare un vuoto contrattuale); e la natura giuridica dell’importo (non assimilabile a retribuzione ordinaria).
In particolare:
– L’importo non matura progressivamente, non è corrisposto mensilmente e non è commisurato alle prestazioni lavorative effettuate;
– È predeterminato in misura fissa, con riproporzionamento sulla base dell’anzianità di servizio contrattuale;
– Include nel computo periodi di assenza tutelata (es. congedi, maternità, CIG), confermando che non si tratta di una prestazione legata alla produttività o alla presenza lavorativa effettiva;
– È escluso dal computo del TFR, non ha carattere continuativo né strutturale.
Tali caratteristiche sono tipiche delle erogazioni di natura equitativa/compensativa, e non di retribuzioni in senso tecnico.
Compatibilità con la normativa fiscale: art. 51 TUIR e prassi interpretative
Come noto, l’art. 51 del TUIR sancisce il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente, ma prevede anche le deroghe di cui ai commi 2 e 3 che consentono l’esclusione di specifiche erogazioni (in natura) dal reddito imponibile, purché:
– I benefit siano previsti dalla norma;
– L’erogazione non sia in sostituzione di somme retributive già spettanti;
– Non sussista un collegamento diretto tra benefit e prestazione lavorativa.
Nel caso in esame, non si configura una sostituzione retributiva individuale, né una conversione su base opzionale da parte del lavoratore, come avviene nei piani welfare esclusi dalla Risoluzione 25 settembre 2020, n. 55/E, in quanto tale estranea all’unica possibilità di conversione riconosciuta dall’ordinamento (Art. 1, commi 182 a 188, della legge 28 della legge 28 dicembre 2015, n. 208).
Importanza dell’interpello n. 367/2020 dell’Agenzia delle Entrate
Un importante precedente è rappresentato dalla Risposta n. 367 del 16 settembre 2020, in cui l’Agenzia delle entrate ha esaminato le caratteristiche dell’una tantum CCNL, riferita al periodo di vacanza contrattuale e proporzionata al tempo di presenza nel rapporto.
Sebbene la Risposta 367/2020 non affermi testualmente che l’una tantum non ha natura retributiva, essa ammette la tassazione separata per una somma forfettaria prevista da CCNL a copertura di vacatio contrattuale.
La causa giuridica che ha determinato l’erogazione dell’una tantum, dunque, risulta individuabile nella sottoscrizione del rinnovo del contratto collettivo, e in quanto tale consente di applicare la tassazione separata.
Questa impostazione consente di desumere che l’Agenzia considera tali somme parte di un meccanismo compensativo collettivo, non di emolumenti derivanti da prestazioni lavorative specifiche.
Alla luce di quanto esposto sopra esposto, si ritiene che:
– L’una tantum prevista dall’art. 140 del CCNL degli Studi Professionali non rientra tra le somme retributive ordinarie o arretrate;
– Essa non deriva da una conversione di importi già maturati o spettanti, ma nasce ex novo a titolo compensativo per una situazione di vacanza contrattuale;
– La modalità di calcolo proporzionale non implica un collegamento premiale o produttivo con la prestazione lavorativa;
– Non è prevista la conversione su base opzionale da parte del lavoratore, quindi in quanto tale estranea all’unica possibilità di conversione riconosciuta dall’ordinamento (Art. 1, commi 182 a 188, della legge 28 della legge 28 dicembre 2015, n. 208).
In caso di erogazione in natura mediante strumenti di welfare conformi alle disposizioni e alle finalità di cui all’art. 51, commi 2 e 3, TUIR, si ritiene che preliminarmente si debba esaminare la natura giuridica della disposizione contrattuale, evitando di soffermarsi sul nome attribuito all’erogazione ma andando ad analizzare la “costruzione” negoziale e la funzione cui assolve l’importo nascente dall’incontro della volontà negoziale e successivamente Verificare che:
I benefit siano tra quelli espressamente previsti dal TUIR (es. buoni spesa, rimborso istruzione, trasporto pubblico, ecc.);
– Evitare ogni forma di opzione del lavoratore tra denaro e benefit, che configurerebbe una sostituzione retributiva vietata;
– Documentare contrattualmente la natura straordinaria e compensativa dell’importo, anche nella comunicazione ai lavoratori.
Conclusioni
La possibilità per la contrattazione collettiva di prevedere l’erogazione di strumenti di welfare, anche attraverso somme definite ex novo, rappresenta un elemento centrale dell’equilibrio negoziale nel sistema delle relazioni industriali.
Mettere in discussione l’applicabilità del regime agevolativo di cui all’art. 51, commi 2 e 3, TUIR a talune erogazioni, comporterebbe effetti sistemici negativi:
– Il sindacato perderebbe uno dei pochi strumenti realmente tangibili da rivendicare in sede di rinnovo contrattuale, con impatto diretto sul potere contrattuale e sulla capacità di rappresentanza;
– Le imprese non avrebbero più convenienza economica a investire in strumenti di welfare contrattuale, data la perdita del vantaggio contributivo e fiscale;
– I lavoratori sarebbero penalizzati dalla perdita di strumenti ad alto valore netto, in favore di retribuzioni lorde che scontano pienamente l’imposizione fiscale.
Tale scenario rischia di determinare un ritorno forzato alla sola dinamica retributiva classica, rendendo di fatto marginale e non competitivo l’utilizzo degli strumenti di welfare sprovvisti del regime di favore previsto dall’art. 51 comma 2 e 3 TUIR.
Il legislatore, tuttavia, con numerosi interventi (si veda anche l’art. 1, comma 162, L. 232/2016), ha incentivato l’utilizzo degli strumenti di welfare in alternativa alla retribuzione monetaria, in grado di perseguire finalità di sostegno al reddito e al benessere sociale pertanto appare ormai un percorso tracciato
Una lettura sistemica, coerente con le finalità di contenimento del cuneo fiscale e promozione di forme alternative alla retribuzione, impone quindi di riconoscere la piena legittimità dei CCNL nel prevedere strumenti di welfare esenti, purché rispettosi dei requisiti oggettivi e soggettivi fissati dalla norma e della prassi dell’Agenzia delle Entrate in tema di welfare aziendale (cfr. Circ. Ade 28E/2016, Circ. Ade 5E/2018, Ris. Ade 55/2020).
di SIMONE D’ARIO, MASSIMILIANO MATTEUCCI


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